lunedì 31 agosto 2015

Bollicine.

Effervescente, allegro, fresco, conviviale, elegante, morbido, profumato... in una parola: Prosecco.
E' il vino che ci piace in ogni stagione e che ormai, grazie alla ricchezza delle sue versatili caratteristiche, può reggere qualunque abbinamento gastronomico ed è possibile utilizzarlo in accompagnamento alle più diverse preparazioni culinarie.
Quando si dice prosecco tutti pensiamo al Prosecco di Conegliano Valdobbiadene, lo spumante secco famoso in tutto il mondo. Viene prodotto, in tutte le sue declinazioni, in questo verde angolo di Veneto, territorio vinicolo di elezione interamente vocato al Prosecco, vinificando la dorata uva che matura su questi morbidi versanti collinari, dolcemente riscaldati dal sole.
Elegante ambasciatore di questo territorio unico, il Prosecco De Giusti Orgoglio Dry

A questo vino frizzante, così ambrato e solare, ho pensato di abbinare un piatto altrettanto solare, che grazie al suo ingrediente principe, il couscous, parla al mondo, come il Prosecco. Il Cous Cous è un ingrediente che mi piace molto usare perché è versatile e si presta alla preparazione di piatti dolci e salati, di carne e di pasce, con le verdure e con i legumi. È un ingrediente semplicissimo che può trasformarsi e vestire ogni volta panni differenti: può essere primo, contorno, ripieno, dolce. È un alimento che ben si adatta allo stile di vita attuale, sa fornire la giusta sferzata di energia per fronteggiare i nostri impegni quotidiani, senza appesantire il metabolismo. 
Sono sufficienti pochi  ingredienti e poco tempo per avere in tavola salute, gusto e leggerezza in un sol colpo.
Le due caratteristiche principali del Prosecco, l'effervescenza e l'"acidità", lo rendono un vino perfetto per essere abbinato a questo piatto di cereale con crostacei.
Couscous con pesto mediterraneo e gamberoni.

 Ingredienti per 4 persone.
400 g di couscous precotto, a grana media
40 g di  mandorle pelate
80 g di pinoli precedentemente tostati
1 pomodoro grosso, rosso ben maturo
un mazzetto di basilico fresco
1 spicchio di aglio
150 g di olio EVO
sale e pepe.

 Procedimento.
Prima di tutto preparete il couscous seguendo le istruzioni della confezione. Comunque il rapporto è 1 tazza di couscous e 1 tazza e 1/2 di acqua bollente. La sciatelo riposare e poi sganatelo bene aiutandovi con una forchetta e un po' di olio. Poi preparato il pesto.
Sbollentate il pomodoro, spellatelo e togliete la parte interna bianca. Lasciatelo sgocciolare.
Mettete nel frullatore le mandorle e i pinoli e date una prima frullata. 
Aggiungete il basilico,  e riprendete a frullare a scatti aggiungendo l'olio. In ultimo il pomodoro e il parmigiano, dando ancora pochi colpi. La consistenza deve essere sì  cremosa, ma anche molto "granulosa".
Volendo si può aggiungere 1 cicchiaio di ricotta,
Condite il cpuscous e spolverizzate con il pepe.

E poi ... bollicine!

giovedì 27 agosto 2015

Caffé?



Caffè!
Non si resiste all'invito di bere un caffè.
Ditemi voi cosa c'è di più piacevole di una tazza di fragrante, nero e bollente caffè.
Prendere un caffè è un rito che si tramanda di generazione in generazione, uno stile di vita che è unicamente italiano, ma che ha valicato i confini del nostro paese. La tazza di caffè racconta la storia di un gesto tutto italiano che ha saputo conquistare il mondo. Per noi italiani la vita senza sarebbe inconcepibile.
Preparare e bere un caffè è un gesto antico, ma allo stesso tempo estremamente attuale; evocativo di profumi e gusti esotici, ma promosso a pieni voti tra le tipicità del vivere italiano.
Può un alimento essere tutte queste cose insieme?
La risposta è sì, se parliamo dell'eclettico e poliedrico caffè. E' per questo che piace e tanto. Ovunque.


 Da dove nasce l’amore per il caffè?
Il caffè è una bevanda speciale.
Rrappresenta un vero e proprio rito sociale: è simbolo di ospitalità, di socialità, di gentilezza.
Ma cos'è il caffè?
È una bevanda ottenuta con il passaggio lento dell'acqua calda attraverso uno strato di polvere pressata. Il caffè, tostato e macinato fine, offre una resistenza all'acqua tale che permette l'estrazione delle sostanze che regalano a questa bevanda quelle caratteristiche uniche di crema, corpo e retrogusto che ci piacciono tanto.
Per bere un buon caffè, di fondamentale importanza è la freschezza della miscela tostata e la qualità dei chicchi utilizzati. La massima fragranza si ottiene macinando il caffė al momento oppure utilizzando il caffè macinato, venduto in confezioni di latta sigillate, dove mantiene inalterate le sue proprietà.
Il caffè Dolcevita Manuel ha tutte le qualità necessarie di un caffè eccellente: è profumato, tostato al punto giusto, aromatico. Guardate qui il sito con la presentazione dell'azienda e dei suoi prodotti e capirete perché

http://www.manuelcaffe.it/it/azienda/storia


Come si serve il caffè?
Intanto la tazzina ha la sua importanza. La tazza tipica a forma conica, di porcellana, é l'ideale perché contribuisce a mantenere costante la temperatura, però a volte il caffè viene servito in bicchierini di vetro e viene definito caffè in vetro.
A casa, dopo mangiato, quando ci sono ospiti, la perfetta padrona di casa non serve il caffè in sala da pranzo, ma in salotto. Qui porta il vassoio con tazze e caffettiera e una piccola ciotolina di panna e un bricchetto di latte freddo.
Per essere perfetti è opportuno servire il caffè accompagnato con della piccola pasticceria e piccoli cioccolattini assortiti.
Come si beve?
La mano sinistra tiene il piattino, all’altezza del busto e senza appoggiarlo sulle ginocchia, la destra prende la tazzina, impugnando il manico senza infilare l’indice nel buco. Il caffè si mescola leggermente con movimenti separati e ascendenti, ossia muovendo il cucchiaino leggermente dall’alto verso il basso, senza fare rumore e senza girare vorticosamente il cucchiaino nella tazzina.
Al bar le regole sono diverse: si lascia il piattino sul tavolino e si prende solo la tazza...
Ci piace frequentare bar e caffè, sederci al tavolino, ordinare qualcosa, guardarci intorno. Ci piace respirare l’atmosfera di una città attraverso i suoi locali, scrutarne il passaggio da dietro una vetrina che il più delle volte, si affaccia su una strada trafficata o su una piazza del centro.
Stare seduti al caffè a studiare il mondo, per far trascorrere il tempo oppure per immergersi nella realtà brulicante di vita,  è un’abitudine vecchia come il Mondo che esiste da sempre. 
La storia racconta che spesso  in un caffè è nato un nuovo movimento culturale o è germinata l’idea di fare la rivoluzione. Pensate che era la bevanda preferita dagli Illuministi..
Geografia del caffè. 
Le regioni italiane maggiormente vocate al "culto" del caffè sono il Veneto e la Campania: Venezia e Napoli le città di elezione, che in tanti modi hanno esternato il loro amore per questa profumata bevanda.
Per la Campania parla il Monologo del caffè, probabilmente la scena più famosa della commedia di Eduardo de Filippo "Questi fantasmi" che è l'esaltazione, tutta napoletana, di un rito quotidiano, quasi sacro, in grado di conferire un momento di felicità a qualsiasi uomo.
Per il Veneto, la regione in cui vivo, parla la storia e la cultura di Venezia, dove, grazie alla posizione e ai rapporti commerciali con il mondo arabo, è nata la tradizione del caffè, diffusa poi nel resto d'Italia.
A Venezia la notizia della prima "botega da caffè" in piazza San Marco. Si è alla fine del XVII secolo, ma la vera esplosione del fenomeno avviene nel 1700, con la nascita di numerosi locali. Tra questi uno dei più noti e antichi è senza dubbio il caffè Florian, ancora oggi simbolo della città e di un certo modo di intendere il rito del caffè.
Alla "Bottega del caffè" dedicherà un'opera perfino il maestro del teatro veneziano, Carlo Goldoni.  La commedia si svolge intorno alla bottega del caffè, luogo di ritrovo di avventori abituali e di passaggio, collocato al centro della piazza, da cui si ha la visione di tuttigli edifici che l'attorniano. Qui ci si siede, si gusta un buon caffè e si discute su come salvare il mondo. Ieri come oggi. 
E, ieri come oggi, nel Veneto, c'è l'usanza di fare il cosiddetto "resentin" (o anche "rasentin" in alcune zone), ovvero il risciacquo: dopo aver bevuto il caffè corretto rimane sul fondo della tazzina una piccola quantità di bevanda, che si "pulisce" versandovi e bevendo un po' dell'alcolico usato per la correzione.
Si potrebbe, ora, anche parlare del caffè nell'arte, nella pittura, ma vi invito a documentarvi da soli. 
Qui vi lascio solo uno spunto: un particolare del quadro di Guttuso "Caffè Greco". 
E, intanto che cercate, mettete sul fuoco la macchinetta del caffè. 
Che sia caffè MANUEL, mi raccomando.
 

lunedì 24 agosto 2015

... di Sicilia. E il rientro.

Di Sicilia.
I giorni trascorsi in Sicilia hanno avuto, rispetto a quelli in sardegna, un sapore ed un andamento diverso, ma sempre lento. Anche qui ospite di amici, in quel di Canicattì, in una grande casa del borgo antico, ho preferito dedicare tempo alla "cultura" piuttosto che alle spiagge.
Del resto il tempo della vacanza ha di bello che ne fai quello che vuoi, senza pianificare nulla, senza programmare. Ti alzi la mattina e durante la colazione decidi le attività della giornata.
Abbiamo, così, girato per i paesi e le città della Sicilia Sud - Orientale, scorrazzando in quel triangolo di terra autenticamente siciliana che si distende tra Agrigento, Enna e Gela senza una logica.

La mattina in giro per mercati a fare la spesa, a comprare pesce fresco e verdure meravigliose e il pomeriggio, dopo la "siesta", in giro per borghi e lande. Arte, tanta arte, abbiamo visto, con tesori che per caso si scoprono in anfratti di vicoli di paesi dimenticati, nelle chiese, negli antichi palazzi, nei castelli arroccati e dominanti.

Un paesaggio meraviglioso, aspro e morbido al contempo, con il giallo oro del grano da poco tagliato, macchiato dal verde luminoso delle vigne.
La Sicilia è Mediterraneo e per tremila anni questo mare è stato il centro della civilizzazione occidentale. Ogni cultura che di qui è passata ha lasciato il suo segno ed in ogni angolo sono visibili lasciti di arte e di architettura: i greci con i templi, i teatri e le opere di ingegneria civile, il  medioevo con il suo crogiulo di influenze bizantine, arabe e normanne. E poi il gotico e il barocco, che qui hanno assunto forme originali e peculiari.


E la pittura? Antonello da Messina...
E il cibo? Pochi luoghi al mondo offrono  un repertorio così ricco di fantasia e di fasto.
In vacanza non smetto certo di cucinare, di mangiare, di curiosare. Il cibo per me  ha sempre un posto importante, anche in vacanza e la Sicilia offre tutto quanto si possa desiderare.
La cucina siciliana ha due anime: i piatti semplici, quotidiani, fatti con i prodotti della terra e del mare e le preparazioni sontuose, della festa,  evidentemente influenzate dalle dominazioni passate.
Descrivere e raccontare della cucina siciliana sarebbe difficile e in ogni caso non esaustivo. Vi invito ad andare a scoprirla di persona, dal "vivo".
Però vi scrivo una ricetta  a me cara che, nella sua semplicità, è una preparazione magnifica, un condensato di Sicilia, dei suoi prodotti più tipici e profumati.
La ricetta arriva dalla tradizione popolare, basata su accostamenti elementari e per questo necessita di materia prima di grande qualità.
 Pasta con il pesto alla siciliana.
Ingredienti per 4 persone.
400 g di pasta corta (fusilli, mezze maniche, penne...)
50 g di  mandorle pelate
50 g di pinoli
400 g di pomodori perini
100 g di ricotta fresca ben sgocciolata, asciutta (no quella in vasetto pastorizzata!)
3 cucchiai di parmigiano
1 spicchio di aglio
Un mazzetto di basilico fresco
150 g di ottimo  olio evo
Sale e pepe
Procedimento.
Sbollentare i pomodori, pulirli,  spellandoli  e togliendo la parte interna bianca ed asciugarli.
Mettere nel frullatore le mandorle e i pinoli e dare una prima frullata. Aggiungere il basilico e i pomodori e frullare a scatti aggiungendo l'olio. In ultimo la ricotta e il parmigiano, dando ancora pochi colpi. La consistenza deve essere sì  cremosa, ma anche molto "granulosa".
Condire la pasta e spolverizzare con il pepe.
Vino: un bianco siciliano, Catarratto, Insolia, Grillo...

I giorni di vacanza trascorsi in Sardegna e in Sicilia sono stati intensi e bellissimi e l'eco che hanno lasciato dentro di me durerà a lungo. 

domenica 23 agosto 2015

Le vacanze! Di Sardegna...


Eccoci qua, carissime e carissimi, si riprende.
Le vacanze, per me e per molti, sono finite.
Sicuramente, dovunque le abbiamo trascorse, Ci hanno ricaricato di tutta l'energia che ci servirà per affrontare un nuovo anno di impegni, sia lavorativi che personali.
Quest’anno le vacanze le ho fatte in due tranche: prima, in luglio, in Sardegna e poi, in agosto, in Sicilia. Tanto per non farsi mancare niente: mare, sole, cultura, cibo, incontri...
1) Di Sardegna.
La vacanza in Sardegna è stata in quel paradiso che è Villasimius.
Un angolo di Mondo selvaggio e incontaminato, con spiagge spettacolari, cielo blu cobalto, sole e una vegetazione, di oleandri, mirto, corbezzolo e fico d'India, che ti inebria col suo profumo.
Nei giorni che ho trascorso qui, ospite di amici, in una casa sulla costa che guarda la spiaggia del Simius, ho avuto il tempo di scoprire ancora meglio, in un modo più autentico e più lento, questa terra dal mare incantato, che così tanto ho giá imparato ad amare negli anni scorsi.
La penisola del Simius è speciale, perché ha tante spiagge, tutte bellissime, con caratteristiche molto diverse e ogni giorno puoi cambiare scenario: la spiaggia modaiola e piena di gente e la caletta isolata... come più ti piace in quel momento.
Qui ho trascorso giornate piene di armonia: risvegli lenti, passeggiate lunghe, bagni interminabili,  tuffi in acque cristalline e fredde, panini con birra ghiacciata mangiati in compagnia, aperitivi al tramonti e chiacchiere in spiaggia fino a fine giornata.
La mattina sveglia presto e la sera a letto presto. Di giorno vecchi amici da vedere, nuovi libri da leggere e la sera il profumo delle candele sulla veranda, per cenare con vino freddo e cibo buono.
E poi per 15 giorni il piacere della libertà, con i capelli, indomabilmente ricci, intrisi di sabbia e salsedine, lasciati asciugare al vento e nessuna attenzione per l'abbigliamento, solo costumi e camicioni bianchi....
In questa vacanza mi sono concentrata sulla semplicità e ho portato via con me negli occhi il colore dell’acqua di quel mare, nelle narici il profumo delle spiagge e nelle orecchie i suoni della vita.
Lenta e vera. Quella che vorrei sempre.




E ora una ricetta tipica della cucina sarda:
Fregola con vongole e bottarga
Ingredienti per 4 persone:
400 gr. di fregola sarda (si trova all'Esselunga)
1 kg. di vongole
bottarga di muggine (quella in blocchetti)
prezzemolo tritato
2 spicchi d’aglio
olio
sale
pepe

Fate spurgare le vongole in acqua e sale, quindi lavatele a lungo sotto l’acqua corrente.
Fate scaldare una padella a fiamma vivace, quindi aggiungete le vongole e coprite con un coperchio. 
Appena le vongole si saranno aperte, fatele raffreddare e separatele dai gusci, lasciando le vongole più grandi intere come guarnizione finale.
Filtrare l’acqua rilasciata dai gusci con un panno pulito, aggiungetene un po' alle vongole già sgusciate, per mantenerle morbide e tenete in caldo quella che vi servirà per mantecare la fregola. 
In un’altra padella, dove farete mantecare la fregola, fate imbiondire due spicchi d’aglio in abbondante olio e gambi di prezzemolo tritati e fate insaporire qualche minuto con due cucchiai di acqua delle vongole. 
Cuocete la fregola in acqua poco salata, scolatela, versatela nella padella, mantecate aggiungendo l’acqua delle vongole e, alla fine, aggiungete le vongole. 
Servite la fregula nei piatti con una pioggia di prezzemolo, la bottarga grattugiata e un filo di olio a crudo.
Vino: dell'ottimo Vermentino. Freddo.